Fallimento: Responsabilità degli amministratori per danni derivanti da attività gestoria; Causalità omissiva.

Tribunale di Firenze, Sez. Imprese, Ord. 2 luglio 2020. Presidente: POMPEI. Relatore: CALVANI.

 

In tema di imputazione del danno cagionato dalla gestione da parte degli amministratori di una società dichiarata fallita, la responsabilità di questi è circoscritta al danno causato da fatti posti in essere in corrispondenza della loro permanenza in carica, con esclusione di quelli prodottisi successivamente alla cessazione della carica stessa. Infatti, in relazione a tale fattispecie non sono applicabili i principi generali sulla causalità omissiva ricavabili dagli artt. 40 e 41 c.p. – i quali impedirebbero di ritenere che le dimissioni di un organo possano recidere l’efficienza causale della sua inerzia – dal momento che l’ applicazione ai rapporti civili del principio di causalità vigente in materia penale è solo parziale. Nel campo penalistico, difatti, l’indagine sul nesso di causa si esaurisce nella verifica del collegamento (secondo causalità materiale adeguata) tra condotta ed evento tipico, del quale il danno è elemento costitutivo, laddove richiesto, integrato il quale il reato sussiste e la sanzione è immediatamente conseguente: indipendentemente da un danno (nei reati di pericolo), o proprio perché senza danno non ci sarebbe neppure l’evento (nei reati di danno).

Nel campo civilistico, invece, il collegamento tra condotta ed evento dà parimenti luogo all’illecito, ma “evento” è solo la situazione contra legem, indipendentemente dalla considerazione del pregiudizio conseguente, che non ne è elemento costitutivo. Per giungere alla sanzione del risarcimento, pertanto, non basta provare l’illecito (secondo criterio di causalità materiale), bensì è necessario dimostrare anche il danno che ne è derivato quale conseguenza “immediata e diretta”. (Redazione) (Riproduzione Riservata).