Societario: impresa familiare incompatibile con forma di società.

Corte di Cassazione, SS.UU., 16 settembre 2014, n. 23676 (dep. 6 novembre 2014). Presidente: ROVELLI; Relatore: BERNABAI.

L'impresa familiare disciplinata dall'art. 230bis c.c. non può essere compatibile "con la disciplina delle società di qualunque tipo". Con tale pronuncia le Sezioni Unite della Corte pongono un tassello importante nel dibattito ermeneutico emerso dalla mancanza, nella stesura letterale dell'articolo in questione, della possibilità di esercitare l'impresa in forma societaria. Partendo proprio dal dato letterale dell'art. 230bis c.c. la Cassazione ha così aderito alla tesi maggiormente rigorosa che affida un carattere determinante alla scelta del legislatore di utilizzare "costantemente il lemma impresa, di carattere oggettivo, significativo dell'attività economica organizzata, piuttosto che far riferimento all'imprenditore come soggetto obbligato"; inoltre, la Suprema Corte riconosce come l'elemento che maggiormente qualifica l'impresa familiare resta "la disciplina patrimoniale sulla partecipazione del familiare agli utili ed ai beni acquistati con essi, nonchè agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, anche al di fuori dell'impresa" e quindi non in mera proporzione ad una ipotetica partecipazione societaria; in terzo luogo, le Sezioni Unite evidenziano come tale incompatibilità sia resa evidente dal "riconoscimento di diritti corporativi al familiare del socio: tale, da introdurre un inedito metodo collegiale maggioritario (...) nelle decisioni concernenti l'impiego degli utili, degli incrementi e altresì la gestione straordinaria e gli indirizzi produttivi"; da ultimo, la Corte assume il criterio ermeneutico di natura teleologica per il quale l'istituto della impresa familiare possiede "natura residuale rispetto ad ogni altro rapporto negoziale eventualmente configurabile" e così la relativa disciplina normativa deve essere intesa quale "recessiva, nel sistema di tutele approntato, allorchè non valga a riempire un vuoto normativo, stante la presenza di un rapporto tipizzato, dotato di regolamentazione compiuta ed autosufficiente". (Redazione) (Riproduzione riservata).